La trisavola del protagonista

Lucia, la trisavola del protagonista del romanzo era una ''magara '' di Calabria. In Calabria come in tutte le regioni d'Italia esistono leggende legate alle streghe. Queste erano delle donne che venivano chiamate streghe perchè avevano atteggiamenti e conoscenze diverse dalle donne comuni, e soprattutto venivano considerate  delle guaritrici o  medichesse con conoscenze empiriche di erbe e intrugli per guarire ogni tipo di malattia, ma in realtà erano delle donne con una libertà insolita per l'epoca in cui vissero. Fu il Medio Evo il periodo più negativo per queste donne perchè caddero nel mirino del Santo Uffizio che intentò verso di loro non pochi processi con il verdetto finale di colpevolezza e conseguente condanna al rogo. In effetti la tradizione intorno a queste magare e ai loro poteri affonda le radici nell'antica Grecia e nel mondo latino. Presso i latini erano chiamate ''cummari'' perchè usavano carmi miracolosi per ''carmare'', appunto, varie malattie. Derivate dai carmina latini le formule verbali da loro utilizzate, che successivamente nel Cristianesimo furono trasformate in preghiere e voti ai santi, erano ritenute magiche e di alto valore curativo. Inoltre esse avevano  anche conoscenze di formule e preghiere che potevano risolvere ogni tipo di problema, ed erano temute perchè  si prestavano non solo a riti benevoli, ma anche a riti magici malevoli, le cosidette ''fatture'', che servivano a gettare il malocchio, a produrre malattie arrivando persino a provocare la morte di un individuo. In Calabria nella maggior parte dei paesi delle provincie di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, si tramandano leggende legate a queste donne. Ma  a volte non sono solo leggende. In qualche caso, come ad esempio per la strega Tarsia di Reggio Calabria, esistono le denunce di stregoneria al Santo Uffizio che nel 1655 la condannò a una pena di dieci anni di carcere per crimini legati alla magia, poi tramutata in condanna da scontare in casa. In effetti Tarsia era veneziana, ma la citano come Tarsia di Cardito  la strega di Reggio Calabria per la triste nomea che giunse fin lì. Tarsia all'età di vent'anni conobbe un mercante di seta, un certo Bonomin, vedovo con quattro figli e lo sposò. Ben presto il marito cominciò a maltrattarla e infine la cacciò via di casa. Tarsia subì la denuncia dal marito che le attribuiva il proprio malessere fisico, mentre invece, probabilmente, era epilettico, a causa dei sortilegi che lei operava insieme alla madre Isabella Malipiero, colei che in realtà era la vera conoscitrice di pratiche magiche che aveva insegnato alla figlia per potersi difendere dal marito violento. Tarsia fu condannata anche perchè nella casa del procuratore  in cui aveva vissuto per curare la moglie malata, furono trovati carte e libri di magia tra cui due copie della "Clavicola del Re Salomone", anche se lei si aveva cercato di discolparsi dicendo che quei libri erano stati lasciati da uno  studente in medicina e da un frate minore che erano stati ospitati  precedentemente in quella casa.
Anche in Sicilia sono esistite  (ed esistono?) le magàre e, girando su internet, ho trovato un bellissimo articolo (purtroppo non conosco l'autore) che ne parla e che vorrei condividere con chi ha voglia di approfondire l'argomento. Eccolo: https://www.ilpaeseinvisibile.it/file/amajar1.pdf

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